guardaroba

Non ho niente da mettermi

Convivere con qualcuno è estremamente difficile, specialmente se quel qualcuno è la tua compagna. La conquista di uno spazio vitale all’interno di cassettiere e armadi è per me ormai perduta. Avevamo iniziato come due persone moderate di sinistra dove maschio e femmina hanno medesimi diritti e medesimi doveri. Per cui tre cassetti a me e tre a lei. L’armadio diviso anche quello 50 e 50. Ok così, avanti tutta per i primi tre giorni. Fino a quando un paio di magliette sportive non sono finite nel mio cassetto. Da quel momento è iniziata una partita di Risiko dove lei credo abbia pescato come obiettivo: “Annienta il guardaroba di Giampy”. Sono stato attaccato da 6.000 carrarmatini e quando ho buttato i dadi ho fatto due. Per cui nel giro di pochi anni ho dovuto abdicare dalla piccola cabina armadio ricavata in uno sgabuzzino, ho consegnato due dei miei tre cassetti e, fino a che non mi sono inginocchiato davanti all’Ikea supplicando di darmi dei pezzi di un armadio per me, ho dovuto parcheggiare magliette e camicie sul divano. Armadio Ikea montato, anche se storto, e problema risolto, se non fosse che per fare spazio ai suoi vestiti, nel mio armadio sono entrate: lenzuola, coprilenzuola, federe, cuscini di riserva, salviette, teli da mare, aspirapolvere, scope, cassette dei medicinali, cassette degli attrezzi e il trapano (che tanto è l’armadio di un uomo).
Stamani, mentre mi stavo legando le scarpe, lei entra, mi guarda come se fossi quello che ha buttato giù le Torri Gemelle e mi dice: “Non so se hai visto che non ho niente da mettermi!”.

Mi sono rassegnato all’evidenza che i suoi abiti si dividono in:

  • Quelli preferiti
  • Quelli comprati in un attimo di acquisto compulsivo
  • Quelli che hanno ancora il cartellino
  • Quelli che può prestare
  • Quelli che non deve prestare
  • Quelli quelli che non metterà mai
  • Quelli che si mette se ingrassa di 12 grammi
  • Quelli che si metta il 29 febbraio quando cade di sabato
  • Quelli che lascerà ai suoi nipoti
  • Quelli che prevede di mettersi prima o poi
  • Quelli dalle 8.00 alle 14.00
  • Quelli dalle 14.01 alle 19.59
  • Quelli dopo le 20.00
  • Quelli per casa
  • Quelli per campagna
  • Quelli per la montagna
  • Quelli per il Deserto dei Tartari.

E tutti questi sottoinsiemi rientrano in un grande insieme che sono. “Quelli che non mi bastano”.

I miei 15 straccetti si dividono, invece in:

  • Quelli che mi entrano
  • Quelli che mi entravano

Spero stasera di ritrovarli ancora al loro posto, se mai ci sia ancora un posto.

like

Likesturbarsi

Che tipo di piacere provoca un like? Me lo sono chiesto molte volte.
Ma ancora non ho trovato una risposta appagante. La capacità di seduzione di un like credo che sia collegata alla ricerca di sentirsi apprezzati, di avere conferme, di ricevere un consenso.

Il consenso è un tesoro che molti di noi cercano come l’Archengemma e con il quale molti arrivano a misurarsi anche di fronte a uno specchio.
Ma il consenso non arriva mai, o comunque raramente, solo perché sei un ganzone di tuo.
A chi ti paga con un like, devi per forza offrire in tributo di una parte di te. Nessuno ha mai preso 300 mi piace per aver detto semplicemente “Buonasera” (eccezion fatta per Papa Bergoglio e Mike Buongiorno).
Sull’altare dei like devi lasciare qualcosa di prezioso e intimo: il tuo gatto, la tua salute, tuo figlio appena nato o un residuo della tua vita privata.
Se sei disposto a lasciare tutto questo allora sarai ricompensato.
Devi sforzarti di dire cose irripetibili che ti faranno perdere il lavoro, gli amici, i parenti che non vedevi da anni. Devi dire che le cose non vanno perché garba di più che dire che va tutto bene. Devi criticare, attaccare, polemizzare. Solo così sarai ripagato con una grandinata di pollici eretti.
E quando la sera farai la conta dei tuoi “mi piace”, ti sentirai ricco e ti domanderai perché ancora i fornai non accettano like in cambio di pane.
E’ un piacere individuale che tutti proviamo ma che ognuno di noi si vergogna a dichiarare.
Perché facciamo questo tutti, tutti i giorni, non l’ho ancora capito.
L’unica cosa che so è che a guardare il telefono per vedere quanti like arrivano, ci si perde la vista. Forse avevano ragione quelli del catechismo: la masturbazione fa diventare ciechi. Soprattutto quella mentale.

luna

A volte passeggio sulla luna con un tagliaerba

Una volta mi sono distratto e un camion mi ha portato via il muso della macchina. E la colpa era mia; mi ero distratto. Non so dove vado quando mi distraggo, probabilmente sono a passeggio sulla luna con un tagliaerba oppure scavo nel marmo con una banana o imbianco una parete di neve. Non lo so dove vado quando mi distraggo. Altrimenti non sarei distratto. Una volta la maestra mi disse: “Giampiero, sei assente”. “No Maestra, sono presente; è scritto nel registro.”
Però è vero. A volte mi distraggo. Può capitare che mentre faccio un discorso perdo il filo e non lo ritrovo. Una volta durante un esame all’università, il Professore di Psicologia dei Processi Cognitivi mi disse: “Ma lei è qui con me o è da un’altra parte?”. Non gli potevo raccontare la storia del tagliaerba sulla luna, non sarebbe stato un bel voto. Presi 29. Il peggior voto che si possa dare, 29. Ma ero distratto.
La distrazione è un bel problema per chi fa qualsiasi tipo di lavoro. Certo che se fai il neurochirurgo è un problema più grande, specialmente per il cervello che hai tra le mani. Ma anche per chi lavora con le parole, perdere la strada di un ragionamento non è mica una bella cosa! Sei in mezzo a una presentazione: c’hai la slide con la fatality da sparare al cliente e ti entra una libellula nella stanza. E come fai a non andargli dietro? Gli altri ti guardano, aspettano quella slide con il colpo che ti farà chiudere il contratto e te sei con la testa in un campo di calendule aggrappato alla schiena di quella libellula. E quando ti chiamano torni, come quando ti sveglia la sveglia; rimetti i tuoi occhi dentro a quelli del cliente e spari il tuo colpo. Che a quel punto ha la stessa potenza di una lingua di menelik.
La distrazione è qualcosa che ti travolge e che non puoi controllare. Tipo quando andai a fare la spesa, riempii la macchina di buste, parcheggiai la macchina e poi tornai a casa. Il giorno dopo realizzai che i surgelati nel portabagagli erano da buttare.
Quando ti distrai dimentichi le tue priorità, entri in un mondo che non è quello dove sono anche tutti gli altri, parti via per aria come un palloncino.
Ma è nei momenti di distrazione che ti rendi conto che, per quanto sia importante tutto quello che accade intorno a te, i conti, alla fine, li devi sempre fare solo con l’unica persona che è insieme a te quando ti ritrovi con la testa oltre le nuvole.
Che nella maggior parte dei casi non è nemmeno una bella persona.

Non ricordo perché ho scritto questo post. Devo essermi distratto nel frattempo.

cicogna

25 titoli gratuiti (su richiesta del Ministro)

Diciamoci la verità, fare la pubblicità è un hobby come un altro. Mica vorrete pagarci per divertirci. Per questo ho deciso di regalare al Ministro della Salute 25 titoli alternativi (rigorosamente gratis) per una nuova campagna del #fertilityday. Propongo anche di segmentare il target per aumentare l’efficacia di questa importante campagna di sensibilizzazione. Nell’attesa di trovare un Ministro bravo, che faccia il suo lavoro bene e magari a titolo gratuito.

Titolo gratuito 1. “Più figli, meno pausa.” (sarebbe pertinente per chi si è dimenticato di rimettere l’orologio biologico)
Titolo gratuito 2. “Spread your legs” (sarebbe sessista e inutilmente anglofono ma piacerebbe a Mario Monti)
Titolo gratuito 3. “Io sono tuo padre!” (perfetto. Soprattutto se sei un fan di Guerre Stellari)
Titolo gratuito 4. “Basta un sì” (per quelli che la chiedono sempre senza successo. E per chi segue le indicazioni del Governo in materia referendaria)
Titolo gratuito 5. “L’ovulo di Pasqua” (per quelli che si accoppiano solo per le feste comandate)
Titolo gratuito 6. “Vengo anch’io!” (per i fans di Jannacci)
Titolo gratuito 7. “Riproduzione fedele” (per coinvolgere la nicchia dei venditori di film piratati. Ma solo quelli che portano rispetto al partner)
Titolo gratuito 8. “Vergine? No, gemelli!” (per gli amanti dell’oroscopo)
Titolo gratuito 9. “Cambia verso” (per quelli che non hanno ancora capito che con l’anal non si concepisce)
Titolo gratuito 10. “Mona lisa” (per signore venete che l’hanno usata troppo)
Titolo gratuito 11. “Il seme della Concordia” (questo no. A meno che tu non sia Schettino)
Titolo gratuito 12. “Ovulo sodo” (per gli appassionati dei film di Virzì e per i duri di comprendonio)
Titolo gratuito 13. “Un due tre…sperma!” (per coloro che adorano i giochi della nostra infanzia)
Titolo gratuito 14. “Le gocciole” (per i golosi di biscotti)
Titolo gratuito 15. “Mamma Maria” (per quelle che pensano di poter concepire restando immacolate e ascoltano i Ricchi e Poveri)
Titolo gratuito 16. “Ben venuti” (per persone educate e uomini zerbino)
Titolo gratuito 17. “Dai, pe’ du’ gocce…” (per chi non usa il preservativo e nemmeno l’ombrello)
Titolo gratuito 18. “E’ tardi! E’ tardi!” (per donne over 45 e per il Bianconiglio)
Titolo gratuito 19. “La principessa sul pisello” (per una gravidanza da favola)
Titolo gratuito 20. “Ho fatto sega” (per donatori di seme che marinavano la scuola)
Titolo gratuito 21. “La volta buona” (per gli ottimisti all’ennesimo tentativo)
Titolo gratuito 22. “Inconcepibile!” (per i pessimisti)
Titolo gratuito 23. “Ma Ratzinger come sta?” (per chi lo fa ogni morte di Papa)
Titolo gratuito 24. “Uccello del malaugurio” (per chi pensa che riprodursi abbia delle conseguenze nefaste)
Titolo gratuito 25. “Sono cazzi miei” (per persuadere chi è ancora convinto che i figli ognuno possa decidere di farli se e quando gli pare)

Scusate le volgarità eventuali.

L’immagine è un fotogramma del cortometraggio Pixar “Partly cloudy”

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#Fertilityday: un suicidio assistito (con visto si stampi)

Ragazzi abbiamo fatto un passo in avanti: il Ministero della Salute ha sdoganato in Italia il suicidio assistito. Il suo.

Da pubblicitario di provincia evito sempre di fare sparate contro chi fa il mio mestiere. Anche perché conosco bene i miei polli e so con certezza che molte delle ciofeche che escono fuori sono il risultato di un processo che parte dalle migliori intenzioni di una stanza di creativi per arrivare a spiaccicarsi contro il muro delle virate a gomito del cliente. Non che ci sia qualcosa di difendibile nella prima e nella seconda uscita della campagna del Fertility Day. E’ come se il cliente si fosse fatto esplodere con una cintura di tritolo e, incredibilmente sopravvissuto, avesse chiesto all’agenzia: “ora per favore, mi metti anche una bomba a mano nel culo, ok?”

Il problema non è il brief che evidentemente parte da delle basi razziste, superficiali e brutte a livello concettuale nel dividere il bene e il male, nel contrappore gli eiaculatori feritili e le ovulatrici sterili, i bianchi caucasici trovati su Shuttertock ai negri che si fumano l’hashish con delle groupie invece che con le ragazze del Coyote Ugly, le foto stinte a quelle seppiate, il mare d’inverno alle sere a casa di Luca.

Il problema non è il copy che mette “compagni” tra virgolette per strizzare l’occhio a tutti quelli che odiano i kommunisti. O il grafico che usa le ombre come farebbe Ray Charles. O quella frattura tra il bene e il male che ricorda con un tempismo invidiabile il grafico tellurico di Amatrice.

Il problema è il “visto si stampi”. Perché, forse tutti non lo sanno, ma ogni agenzia, anche quelle più scrause, ormai si fa dare un ok dal cliente prima di uscire con una campagna. E’ come dire, caro Ministro, io ti avevo proposto una attività di storytelling che avrebbe fatto piangere mezza Italia, ti avevo detto di fare le foto con modelli che non fossero quelli di Baywatch, ti avevo detto di testare la campagna, ti avevo detto che mi è morto l’art director, ti avevo detto che così facciamo la fine di Thelma e Louise ma se mi dai l’ok (e se mi paghi la fattura tra 180 giorni), io vado. Hai capito? Vado.

Ok!

E ora sono cazzi!

 

fertility

 

La comunicazione ha sempre degli effetti, come le medicine. A volte sono effetti blandi, altri dei palliativi, a volte sono molto positivi e a volte letali.

Se il Ministero della Salute, invece, avesse trattato i pubblicitari come se fossero dei medici che hanno la competenza e l’autorevolezza per prescrivere una terapia, la situazione, magari, sarebbe stata la seguente:

Account: “Signor Ministro, dalle analisi che vedo posso riscontrare che lei ha due linee di Bisogno di sparare baggianate. Le assicuro che la sua non è una malattia rara e che in questi casi trattiamo il paziente con una terapia molto efficace ma deve andare da uno bravo, uno specialista. Non si può affidare al primo che capita perché è il cugino del suo sottosegretario.”

Ministro: “Dottor Account, mi fido ciecamente delle sue prescrizioni e domani fisso un appuntamento.”
Account: “Tra l’altro non c’è neanche da passare dal Cup. Ci vediamo in agenzia dove troverà il nostro personale altamente qualificato che starà con lei per tutto il tempo della campagna.”

Ministro: “Posso fare delle correzioni?”

Account: “Forse non ci siamo capiti. Lei sta tirando il calzino. Se vuole andare avanti così faccia pure”

Ministro: “No no, facciamo come dite voi.”

Account: “Ok?”

Ministro: “Ok!”

 

Account ai creativi: “Ragazzi, c’è da fare nottata, questo è un caso disperato! Lo stiamo perdendo, lo stiamo perdendo…”

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I Potenti, Quelli che vogliono diventare potenti e i Trombati

Il mio intervento su Potenti e affini in occasione del settantesimo anniversario dell’Operetta “Il Trionfo dell’Odore” scritta da Mario Verdone.

SIENA, 3 marzo 2015

Scusate, volevo andare a Braccio ma alla rotonda di Fontebecci c’era un ingorgo, sicché ho scritto tre paginette.

Perdonatemi le volgarità eventuali.

Per scrivere un’operetta non basta essere bravi a scrivere. Per scrivere un’operetta bisogna avere due caratteristiche: essere studenti ed essere goliardi. Essere studenti è abbastanza facile; la cosa difficile è l’altra, perché ci devi essere portato, un po’ di talento naturale ce lo devi avere. Quando
cominciai a fare le Feriae, il Principe di allora mi disse: “Te saresti quello bravo a scrivere? Ecco, domani ci si trova, porta una scena.
Ambientazione: far west”. Io secondo voi portai una scena? Noooo, portai tutto il primo atto. Lo scrissi in una notte, di corsa. E correvo, correvo, correvo…fino a quando non arrivai…alla lettura del mio capolavoro davanti agli anziani. C’ero io, il regista Carlino Castellani, il Principe Mao
Garosi, quattro o cinque pluribollati e l’aiuto regista: una figura epica, Giorgino il De Sanctis che mi guardava, come se fossi un marziano, con in bocca una sigaretta finissima che fumava senza mai sgrullare la cenere.
Inizio a leggere e, solo nel primo atto, metto 37 cambi di scena, compresa una vista aerea del villaggio Sioux (e ancora non avevano inventato i droni per tutti). Alzo gli occhi dal copione e vedo un Giorgino basito, che mi fissa dietro una coltre di fumo con la cenere che gli era caduta disperata sulla pancia. Mi guarda, mi lancia addosso un bestemmione e fa: “Tagliatella, ma te vuoi fare l’operetta o il cinema???”.
Del mio primo atto andò in scena solo il titolo: “Phicauntas”. Quello piacque.
Allora, come deve essere un’operetta per evitare le cartate dai dottori e dal pubblico? E di cosa deve parlare? Sono auspicabili i motti arguti e le battute costruite con intelligenza, tipo
“Sopra NOI capre la Banca campa, sotto UNA capra la banca crepa”.
Però ci sta che non faccia ridere, sapete, il pubblico è un po’ macchinoso.

Quindi se le battute difficili non vi riescono, saltuariamente è consentitoricorrere a doppi sensi, anche licenziosi, tipo: “Dov’é la principessa?” “Sire, la Principessa è sul pisello!”.
Oppure potete fare uso della gestualità corporea, tipo: “Con quante sei andato mentre eri in Erasmus?” (Agitando la mano come per dire “insomma”) “Sei???!!!” “No, quasi una!”
L’operetta che va in scena a maggio, viene scritta fin da settembre dell’anno prima, e passa una serie di vagli, di tagli e di revisioni fatti durante cene e libagioni con i più anziani. Durante la prima lettura c’è sempre uno che viene invitato per rappresentare lo spettatore medio (all’epoca mia si chiamava Provenzano); ecco, se ride lui vuol dire che il teatro riderà. Di solito la sua risata è questa (faccio la risata di Provenzano) e poi alla fine della risata, ti spiega anche la battuta…che hai scritto te.
Lo spettatore medio ride a delle cose di cui non riesci a darti una spiegazione, tipo: “Alabarda spazialeeee!!!” o “Sono il Paguro. Avvicino la testa al culo, quando ho pagura.“ Queste fecero ridere, ve lo giuro, ma non ho mai capito il perché.

Poi, quando vai in scena ci sono delle variabili umane impreviste tipo l’”attore che non ci mette mano” o il “goliardo anziano ingestibile”.
L’attore che non ci mette mano è quello che: o non impara il copione, oppure impara anche le parti che spiegano la parte. Mi ricordo di una volta in cui un mio paribollo, che per rispetto chiameremo con un nome di fantasia, Rotolone, imparò la sua battuta così: “Quanto prese all’esame? Diciotto. Diciotto coltellate gli piantò nel cuore. Guarda l’orologio ed esclama. E’
tardi. Esce di scena correndo.” Nooo Rotolo, quello tra parentesi non lo devi dire…..
Oppure il goliardo ingestibile. Era il ’97 e sul proscenio dovevo stare nascosto dentro un barile e uscire fuori alla fine di una scena di gruppo in cui recitavano studenti che avevano da 9 bolli in su. Tra loro c’era un goliardo che, per garantire la sua privacy, chiamerò con un nome generico, Pippo.
Quel pomeriggio Pippo aveva un pochino straviziato; tirando su lo sguardo lo vidi comparire da sopra alla botte che mi guardava chiedendomi: ”Che devo di?”. Io gli suggerii la sua battuta e lui: “Non ho capitooo!!!!” Cominciò a scuotere il barile rischiando di farmi rotolare sull’orchestra. Io uscii fuori dalla botte tipo Arlecchino con un “Eccomi qua” che strappò anche un applauso.
Il problema fu proseguire. Pippo fu portato fuori e a un vigile del fuoco di turno dietro le quinte disse: “Pompiere, sigaretta” E lui: “Guardi che sono qui proprio perché non si può fumare” “Accesa!” Il vigile del fuoco non se la sentì di contraddirlo, prese il proprio pacchetto, accese una sigaretta, e la porse a Pippo, che proseguì felice la sua serata al bar.
Di variabili impazzite ce ne sono diverse ma quando scrivi un’operetta devi essere un po’ coraggioso e tenere sempre presente che l’operetta deveprendere di mira e deridere chicchessia ma principalmente tre categorie di esseri umani: i potenti, quelli che vogliono diventare potenti e i trombati.
“I potenti” sono l’obiettivo principale, è ovvio che al Goliardo restino un pochino sulle palle. Sono quelli che possono NON FARTI FARE qualcosa che vorresti fare o che possono dirti COME lo devi fare:

Chi sono?

I professori che POSSONO decidere il tuo voto
i vigili e le guardie che POSSONO farti la multa,
i dottori polemici che POSSONO rovinarti una serata a bollore,
i medici che POSSONO leggere le tue analisi del sangue,
i dietologi (io li odio proprio) che POSSONO dirti quanto e soprattutto cosa mangiare e bere,
i banchieri che POSSONO decidere se avrai o non avrai il mutuo
il Rettore che PUO’ decidere come va la tua Università,
il Sindaco e gli assessori che POSSONO stabilire come va la tua Città,
i presidenti di qualsiasi cosa che POSSONO comandarti, metterti le tasse, cambiare le carte in tavola,
i preti e gli arcivescovi che POSSONO farti venire i sensi di colpa,
il Papa che PUO’ chiacchierare tutte le domeniche,
il Papa Emerito che PUO’ dire “sono stato Papa…e sono ancora vivo!!!”
e infine, più potente di tutti e per questo da prendere in giro più di tutti, la Morte, che PUO’ toglierti la parola quando gli pare.

Poi ci sono “quelli che sperano di diventare potenti” sembrano ganzissimi, ti promettono che domani ti alzerai bello, ricco e senza occhiaie, che il mondo sarà come lo vuoi te, che quando ci saranno loro vedrai che libidine.
E il problema è che ci credi! Chi sono? Oltre a Lucignolo e a tanti venditori di fumo, ci sono i lecchini e i lacchè, i portaborse, gli assistenti, i candidati a tutto, i giornalisti che non fanno le domande e tutti quelli che conoscete che per non rischiare di cascare strisciano.
Infine ci sono “i trombati” sono tutti gli “ex qualcosa”. Tutti, tranne l’Ex Sindaco di Firenze che va messo nella prima categoria.
Sono quelli che hanno toccato il fiocco dei calci in culo, magari l’hanno anche preso, ma mentre la giostra girava, gli è cascato di mano. Ecco, quelli sono pericolosi, perché continuano a rimuginarci. “Eppure l’avevo preso, potevo fare un altro giro a sbafo, accidenti a quello dietro che mi pintava, questo giro non vale, ora sento se mi rifanno montare…”. Queste sono le tre categorie che chi scrive un’operetta dovrebbe mettere sempre tra i personaggi. Non potete capire quanto, per un ragazzo di 20 anni sia bello scrivere per il teatro goliardico. In quel momento pensi che te nella vita non potrai mai diventare come qualcuno di quelli che metti alla berlina. E
questa è un’illusione meravigliosa.

La Goliardia è meravigliosa. E ha una mamma ancora più bella di lei. È una signora di una certa età ma è sempre discreta, una milfona, insomma. E si chiama Libertà. Piace a tutti eh, ma fa paura, mette soggezione. Perché come scrisse il grande Roby Ricci, la Libertà è un cavallo che scalpita. E per un Goliardo, che si diverte a prendersi gioco di potenti, aspiranti potenti e
trombati, quel cavallo continua a correre fino a che la Morte, la più potente tra i potenti, non decide che le tue battute le sono venute a noia.
Quello che possiamo fare è continuare a tramandarci, per fare in modo che ci sia sempre qualcuno dopo di te capace di far correre quel cavallo. Perché nessuno è eterno, nessuno viene risparmiato.

NEMINI PARCETUR.
GAUDEAMUS.

Foto di Mario Llorca. Per vedere i suoi lavori mariollorca.com

Evento verdone

Evento verdone

botero

15 scuse e falsi luoghi comuni sull’essere grassi

Convivo con un grasso da 41 anni e da lui ho capito che chi è molto sovrappeso tende a nascondersi (che tanto poi sei grasso e ti si sgama), dietro a scuse e falsità. Non ce ne vogliate, non è colpa nostra, siamo così di costituzione.

I grassi sono più simpatici – vero in parte. Enrico VIII ha fatto fuori tre mogli e anche Barbablù non era proprio un’acciuga.

Grasso è bello – Provate a fare un anno da Mac Donald’s e poi andate a chiederla a Belen, vediamo che cosa vi risponde.

Quel che non ammazza ingrassa – falso! A volte ingrassa anche ciò che ammazza, avete presente la Nutella, la Coca Cola e la cugina di Avetrana?

Non è tutto grasso che cola – falso. Pensate ad un pomeriggio d’estate, a pieno sole e voi che con i vostri 100 e passa chili, risalite come un salmone una bella stradina in salita, magari con una borsa della spesa in una mano e il guinzaglio del vostro labrador nell’altra. Poi ne riparliamo.

Ho le ossa grosse – Magari avete ragione, però non credo di aver mai visto in nessun museo scientifico scheletri con costole che pesavano tre chili l’una. Quella delle ossa, diciamocelo, è una scusa.

Sono così di costituzione – Vabbè, ne riparliamo dopo il referendum.

Per dimagrire bisogna bere tanto – Falsissimo. Ne ho le prove! Io bevo tantissimo!

Sono grasso perché ho appena smesso di fumare – Il problema è che questa è una scusa che accampa anche chi ha buttato via l’ultima sigaretta anche dieci anni fa. Non regge.

In famiglia siamo tutti grassi – Falso (a meno che tu non ti chiami Grassi di cognome). Ho visto bambini obesi con genitori che facevano la maratona di New York e ragazze magrissime figlie di madri che sembravano balenottere azzurre. Pensate alla famiglia Addams: Gomez e Morticia hanno due figli ma solo uno è ciccione. Ed è quello che mangia.

Eppure non mangio mica tanto – falsità clamorosa. Ti ho visto fare colazione con due bomboloni e mezzo litro di cioccolata calda, su…

Sono grasso perché sto attraversando un periodo di merda – scusa. Tutti i poveri disgraziati usciti dai campi di concentramento non è che avessero avuto un bel periodo…

Porco grasso non è mai contento (proverbio veneto) – non è vero. Portatelo a cena e gli vedrete brillare gli occhi.

Non si diventa grassi da Natale a Capodanno ma da Capodanno a Natale – vero ma in parte. Nei giorni che vanno da Santo Stefano a San Silvestro il grasso, che di solito preferisce il mangiare al digiuno, combatte con il proprio frigo nel tentativo di svuotarlo completamente da qualsiasi avanzo. Produce polpette mescolando carne bollita e pandori, panforti e pollo in galantina. Poi, dopo Capodanno, promette a se stesso diete che procrastinerà fino alla vigilia del Natale successivo. Ad libitum.

Non sono grasso, sono basso – di solito è una scusa, a meno che tu non sia il Pinguino di Batman o uno dei sette nani. In quel caso sei ANCHE basso.

Non sono grasso, ho preso una taglia sotto – falso. Un grasso prende sempre due taglie sopra, fino a che le trova. I vestiti elasticizzati e gli indumenti a righe (soprattutto orizzontali) sono i veri nemici dei grassi. E’ preferibile indossare un capo d’abbigliamento nero perché, dicono, il nero sfina. Evitare come la peste, per questo stesso motivo, i profilattici neri. A meno che tu non sia Rocco Siffredi.

Un grasso non è mai felice – falsissimo. Una volta ho conosciuto un napoletano che si chiamava Felice e sarà stato 150 chili!

Immagine di testata: Fernando Botero, Monna Lisa (1963)

tempo

Ricetta per restare per 20 anni con la stessa persona (senza annoiarsi mai)

Se desiderate avere un rapporto a due lungo e senza noia, seguite questa ricetta. Potete cambiare quasi tutto in base ai vostri gusti ma poi non dite che non vi avevo avvertito.

Ingredienti per due persone:
Stima reciproca: un quintale,
Rispetto: un kg a testa,
Fiducia: a piacere,
Gelosia: solo due gocce, altrimenti rovinate il piatto.

  • Iniziare pensando che la persona che sta con te sia la migliore del mondo e che anche il Mondo là fuori non è poi così male.
  • Non dimenticare mai di avere degli amici. Cenare con loro spesso.
  • Portare rispetto. Soprattutto a se stessi.
  • Evitare di parlare di lavoro a casa e di casa a lavoro.
  • Andare a vedere almeno 20 capitali diverse.
  • Apprezzare i difetti dei parenti dell’altro e cercare di correggere i difetti dei tuoi parenti.
  • Non rinunciare a niente di quello che puoi permetterti di fare.
  • Non disdegnare musei, teatri, concerti.
  • Informare l’altro delle decisioni che hai già preso. Se si arrabbia, spiegagli perché lo farai comunque. Ripetere l’operazione fino a che non capisce.
  • Non ingoiare rospi ma avere la capacità di perdonare.
  • Utilizzare la parola “vaffanculo” solo se si è pronti a ricevere in cambio un “vaffanculo te”.
  • Criticare l’altro con ironia, mai con acredine
  • Tradire con molta attenzione. E mai la fiducia.
  • Viaggiare molto. Soprattutto con le idee.
  • Evitare i ristoranti scadenti. Meglio cucinare da soli.
  • Pensare che siete due moto e non un sidecar.
  • Dare e pretendere rispetto in parti esattamente uguali.
  • Di sera, se l’altro è già rientrato a casa e la vostra giornata è stata una merda, fermatevi all’ultima rampa di scale e non rientrate fino a quando non vi torna il sorriso. Quando entrate salutate, meglio se gettandovi al collo dell’altro.
  • Ripetere ogni giorno. Anche quando non ci siete.

Agitate tutto molto, frullate e bevete d’un fiato.

lapo-e-lopo

Lapo e Lopo a scuola

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi dice: anche stamani sei arrivato puntuale!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi dice: anche stamani, sei arrivato?

Lapo: Ogni mattina vado a scuola con la cartella piena di libri, con l’astuccio, i quaderni e la merenda!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e quando arrivo dico sempre: madonna….la cartella!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi dice: “Se avessi due o tre ragazzi come te!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi dice: “Se avessi due o tre ragazzi come te, sarei un’insegnante di sostegno!”

Lapo: Ogni mattina vado a scuola con il grembiule e il fiocco celeste.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola con il grembiule, il fiocco celeste e tre o quattro frittelle sparse…sul grembiule.

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e faccio colazione con Kinder fetta al latte!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e faccio colazione con Kinder fetta al latte! Lecco la carta del suo! 

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e prendo dieci!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e prendo dieci scapaccioni da quelli di quinta!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi chiede i sette Re di Roma.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi chiede i sette Re di Roma: però quando arrivo a Pisolo, si incazza sempre!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e i miei compagni puliscono la lavagna con la cimosa.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e i miei compagni puliscono la cimosa con me.

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e lui mi copia.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e io lo copio. In questo si va d’accordo!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e prendo otto.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e prendo Otto… per la coda. Otto è il gatto della bidella!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e salto l’ora di religione.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e salto due ore di italiano.

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e sul quaderno la maestra mi ci scrive “Visto!”

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e sul quaderno la maestra mi ci scrive “Vispo…per niente!” 

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e mi mettono nella squadra di calcio della scuola!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e mi mettono nella squadra di calcio di un’altra scuola… qualsiasi!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola, il Preside entra in classe, legge i miei voti e mi fa i complimenti

Lopo: Ogni mattina vado a scuola, il Preside entra in classe, legge i miei voti e senza fare complimenti li gioca alla schedina: 1, 2, 1, x, 2

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e sui miei libri mi prendo sempre delle note.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e sul registro mi prendo sempre delle note.

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e per colpa sua la maestra mi dice: “Domani vieni accompagnato dai genitori!”

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e per colpa mia la maestra mi dice: “Domani vieni accompagnato dai genitori!”…Tiè, tanto so’ orfano!

Duetto tratto dallo spettacolo “Mattaglia, il Senso della Vita” (2009) di Roberto Ricci e Giampiero Cito (con una strizzata d’occhio a Giorgio Gaber).

L’immagine è una delle innumerevoli versioni della campagna Mac vs Pc.

david

Il lillo del David (apologia di Miss Italia)

I belli mi hanno sempre fatto un po’ pena.
Vuoi mettere il vantaggio di essere normale?
Non ti calcola la gente e se ti volti di schiena,
nessuno ti guarda con gli occhi da maiale.
Che fatica essere l’Arca, Marco Bocci o Raul Bova
non puoi andare nei negozi e se esci per la strada
la passante chiede il selfie, la commessa poi ci prova.
Se sei donna ‘un ne parliamo, c’è una massa di cretini
dicon: “quella la carriera la fa. Sì, ma coi….”
La bellezza è una condanna, è una gran maledizione
Anche Kennedy era bello, e poi hai visto che finone?
Se sei bello sei fottuto e non è sempre un piacere.
Se sei bello, devi esser bello sempre: mattine, giorni e sere.
E se scappa uno sfondone, come a quella porta citta,
son casini, è un problemone, vai su twitter dritta dritta.
Di imbecilli il mondo è pieno e non sono tutti ficoni.
Forse è bello anche Gasparri? Forse è bello Formigoni?
Non son certo Miss Italia e comunque tu la pensi
le cazzate sparan grosse anche Rosy Bindi e il Renzi.
Però a loro che son bruttini perdoniamo facilmente
Perché i brutti anche se stronzi, sembran sempre brava gente.
Ai bellini invece no, niente si può perdonare
L’hai voluto esser Brad Pitte? E ora inizia a pedalare!
E’ l’invidia che comanda e ci fa molto arrabbiare.
Il non essere belli è brutto e non si vuole ingollare.
Siam portati a sminuire. E se senti parlar quello
la cui moglie è un gran bottino,
dici: “Il David, ma quanto è bello”
“Sì però…c’ha il billo piccino!”