Shit happens

Alcune cose che nessun genitore ha il coraggio di dire

Quando metti al mondo un figliolo, avviene nella tua famiglia la rivoluzione degli status: tu che eri un figlio diventi in un secondo genitore, i tuoi genitori si trasformano in nonni e quella che era la tua compagna (o compagno), diventa un tuo collega. E come succede con la maggior parte dei colleghi, iniziate a starvi profondamente sui coglioni. I rapporti coniugali (anche tra chi non ha mai commesso l’errore di sposarsi) diventano di una falsa formalità fantozziana del tipo: 

“Ingegnere, mi agevoli il passaggio della crema per il culo! Cortesemente!”

“Certo Dottoressa, ha recuperato il tappo del bibe che aveva inavvertitamente calciato sotto il fasciatoio?” 

“Logicamente Ragioniere, le avevo chiesto di sostituire il sacco dell’arrotolamerda, ma lei ha ignorato il mio avviso!”

“Sono costernato Signorina, le ricordo che domattina dobbiamo recarci presso l’ambulatorio del Dott. Menghele per effettuare la trecentesima iniezione contro la pellagra.”

“Il richiamo dello scorbuto lo abbiamo già fatto, Geometra?”

“Ne abbiamo fatti otto, Dottoressa. Piuttosto il soggetto ha già esternato le proprie deiezioni nel corso della giornata corrente?”

“La manifesto la mia preoccupazione, in quanto sono 38 minuti che il piccolo non produce sostanze mefitiche. Questo non è normale!”

“Non tema, ho già avvertito l’esercito! Se tra 18 minuti non accade nulla mi hanno promesso che intervengono loro!”

“La cosa non mi tranquillizza affatto. Le ricordo che lei non ha ancora contattato il WWF per far recuperare il geco che si è introdotto nel nostro soggiorno!”

“Mi sono fatto fare un preventivo dall’ISIS per far brillare la zona giorno e mi hanno risposto che d’estate sono in ferie. Le prometto che provvederò io stesso a cacciare il rettile con un archibugio.”

“Si ricordi che nel corso della settimana ventura dobbiamo passare dal latte in polvere numero 346 verde a quello 687 indaco:”
“Mi pareva che fosse il 894 magenta”

“Ne è convinto? Se ne assume la responsabilità lei? Può inviarmi una lettera dove dice che è sicuro che si tratti dell’894 magenta?”

“Le ho già spedito un mio orecchio per garanzia, Eccellenza!”

“Lei è molto gentile, Merdaccia, non vorrei risultare troppo petulante!”

“No, Signorina, si figuri. Senta, possiamo riparlare di quell’argomento ormai dimenticato della nostra sessualità?”
“Mi sta dicendo che ha intenzione di fare un secondo figlio?”

“Ehemmm….mi sono appena ricordato di essermi iscritto alla Coppa Kobram per stasera. Mi rifaccio vivo io, più tardi!”

torre del mangia in fiamme

Con il tuo telefono hai ucciso la Notte del Palio

La notte del Palio mi sono accorto di avere in tasca un’arma ancora calda e fumante: il mio telefonino che costa più di un motorino. Con quell’arma abbiamo fatto come sull’Orient Express e, tutti insieme, noi senesi, abbiamo ammazzato la Notte del Palio. Non ce ne siamo mica accorti, mica volevamo farle del male; ma è andata così, l’abbiamo uccisa. Abbiamo ucciso il gusto di prendersi in giro senza ostentarlo. Se l’Avversaria aveva perso ci si ingegnava per far trovare uno scherzetto studiato nottetempo da un commando di pochi arditi che, se chiappati con le mani nell’uva, rischiavano due manate fatte bene. E poi, il giorno dopo, il Priore si scervellava per capire chi era stato; e chi faceva la spia era una merda.

Ora no, ora ci facciamo tutti il selfie della derisione, consci del fatto che “tanto che vuoi che sia”, mica ti succederà niente. Siamo tutti eroi a bassissimo costo e a bassissima soddisfazione. Vogliamo tutti essere protagonisti senza renderci conto che così diventiamo tutti delle comparse. E forse è per questo che in comparsa non c’è più la fila per entrarci, perché lo siamo di già tutti i giorni.

Abbiamo ucciso il chiacchiericcio, il sussurro, il mormorio che di notte circolava su mitiche seggiolate tra gente della stessa contrada o di un’improbabile fogata al capitano ripurgato. Ora abbiamo una trentina di inquadrature che ci mostrano tutte le nostre miserie. Pensate se fosse stato possibile mettere una webcam tra i trecento di Leonida, quanta poesia avremmo perso nel vedere quello che si ringuattava dietro quell’altro, o quello che girava il culo e se ne andava via per salvare la pelle. Il Palio raccontato era epico, magari un po’ spaccone, forse un pochino bugiardo, ma ora con i nostri telefonini rischiamo di farlo diventare realmente ridicolo. “Ma l’hai visto il Vicario della Spadaforte che sbornia aveva il 14 sera? Badalo qui, te l’ho mandato su uozzap!”, “Il vicebarbaresco della Vipera ha dato una lacca al cavallo, l’ho visto su iutub!”, “O ragazzi,  ho trovato la figliola del Capitano dell’Orso su Porhub!”. 

L’abbiamo uccisa quella serie di farfalle che si liberavano nel nostro stomaco quando se ne andava l’ansia di una purga certa. Quando si correva in Piazza per vedere le pignattelle accese sopra i palazzi che si potevano vedere solo la notte del Palio. E se eri in Piazza la notte del Palio, voleva dire che era andata bene, oppure benissimo; perché se non era andata bene eri a letto. E non potevi restare tutta la notte sveglio a guardare i selfie dei tuoi amici che prendevano in giro la rivale. Eri a letto e basta.

Ti ricordi che c’è stato un tempo in cui avevamo le tasche più leggere e se facevamo tardi non era facile avvertire? E se non avvertivi ne buscavi. E se ne buscavi, pazienza. 

C’è stato un tempo senza telefono in tasca, e con un  gettone della SIP non si potevano scattare fotografie o fare i filmini. Era il tempo in cui eravamo giovani, e la notte del Palio, se era andata bene, si arrivava a vedere l’alba. E la si guardava dritta con gli occhi, non con un telefono in mezzo.