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Il bellissimo fetore dell’amicizia maschile

Uno dei racconti della mia adolescenza è “Stand by me” di Stephen King. Lo lessi durante una brutta tonsillite all’età di 14 anni. Era estate e fu un’illuminazione. Un gruppo di ragazzini miei coetanei si avventurava lungo i binari di un treno alla ricerca del cadavere di un altro quattordicenne. La trama era un pretesto: la protagonista del libro non era la ricerca del morto ma l’ineluttabile brevità dell’amicizia sincera che, con il passare degli anni, si trasforma in distaccato affetto e in una progressiva crescita della formalità del rapporto. I protagonisti di quel racconto, e del bel film che ne fu ricavato, si scambiavano insulti, si chiedevano perché se Pluto era un cane, Pippo, pur essendo cane anche lui, camminasse su due zampe e indossasse dei vestiti da uomo. Un rapporto manesco e sudaticcio…ma più vero del vero.

L’amicizia tra maschi è qualcosa di molto particolare e difficile da descrivere. Noi siamo tendenzialmente superficiali. Possiamo parlare di argomenti profondissimi, che c’entra, ma c’è sempre qualcuno che prima o dopo, la spara in tribuna. C’è il perverso gioco, anche superati abbondantemente i 35 anni, dell’offendersi pesantemente a vicenda non risparmiando, nel turbine di improperi, anche le povere madri. Prendere in giro i difetti dell’altro non è un opzione, è una regola. E poi ci sono i “puzzi”. L’amicizia tra uomini, quando si basa su rapporti di lungo corso, si appoggia sulla confidenza estrema nel condividere le proprie flatulenze. E c’è sempre un coro di “nooo, ma sei marcio” con un sottofondo di sghignazzi di complice approvazione.

Non riesco a spiegarmi il perché ma funziona proprio così: più l’amicizia è vera e più puzza. Probabilmente per ricordarsi sempre che di un amico vero bisogna prendere tutto: pregi e difetti. Abbracci e scoregge. Ieri sono tornato da un viaggio con gli amici. Ci siamo salutati abbassando il finestrino e qualcuno ha detto: “Grazie di tutto, ma qui qualcuno fa schifo per davvero”.

Che ci vuoi fare, pareva di essere tornati a quattordici anni. All’epoca in cui ci si voleva bene da morire…soffocati.

L’immagine è un fotogramma del film “Stand by me” di Rob Reiner, tratto dall’omonimo racconto di Stephen King.