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hulk

L’ennesimo blog da non perdere

Se stamani vi siete alzati con quella rara sensazione di appagamento, un motivo c’è: è on line “La Versione di Giampy”. Che poi sarei io.

Un mese fa mi sono deciso a pubblicare il mio sito: giampierocito.it, nel quale raccolgo un po’ dei miei lavori di pubblicitario di provincia. Poi mi sono detto: “mavaffan…guru; che ti vuoi fare mancare un blog?”. Sì, perché il mondo della comunicazione è strapieno di gente che te la spiega. E qualcuno si fa anche pagare per farlo. Allora ho pensato che io non sono abbastanza alto, né abbastanza figo, né tanto meno indiano per fare il guru. Però sono uno che è caduto. E mi sono rialzato. E di gente come me, che magari è ancora a terra, ce n’è tanta.

Così ho messo da parte la presunzione, che mi farà fare quei due o trecento anni di Purgatorio, e ho deciso di farvi vedere entrambe le mie due facce. Quella del Dr Jekyll la trovate su giampierocito.it, dove pubblico  i lavori e i progetti che ho fatto e quelli che faró. Qui, invece, trovate Mr Hyde.

Di là c’è Smeagol, qui c’è Gollum. Di là c’è Bruce Banner, qui un pacifico Hulk. Di là c’è il mio ritratto, che non è quello di Dorian Grey, anche se invecchia eccome, ma è un’illustrazione di Benedetto Cristofani, uno dei talenti con i quali ho lavorato in questi anni. Sono di Benedetto anche le varie “versioni” di Giampy che vedrete prossimamente in questo blog. Perché, comunque, le due facce si somigliano. Eccome.

In questo blog vorrei parlare della mia visione della comunicazione, delle storie che secondo me vale la pena di raccontare, dei pensieri che mi attraversano le giornate e mai sulle strisce pedonali. Si parte con la versione “mimo”, perché negli ultimi due anni, fatti di bocconi amari a causa di un doloroso fallimento, mi sono trovato spesso senza parole. E io con le parole ci vivo. Chissà quali saranno le prossime versioni? Non lo so ancora neanche io. Ma una cosa la so: se avessi bisogno di un bravo dottore per la mia comunicazione chiamerei il Dottor Jackyll ma se dovessi passare come si deve alcune ore del mio tempo, quello della vita vera, vorrei stare con Mr Hyde.

Decidete voi, io vi aspetto qui.

O di là.

Che poi è la stessa cosa.

 

L’immagine di Hulk è del fotografo Sacha Goldberger, andate a vedere i suoi capolavori qui.

disturbi

Disturbi alimentari di menti disturbate

Amico di facebook che condividi notizie infauste per togliermi l’appetito; i disturbi alimentari me li fai venire te!

La Mozzarella di Bufala è meglio di no? Mi disturbi!
Mi vuoi convincere che chi mangia solo verdure è più bravo di chi mangia un agnello? Mi disturbi!
Mi vuoi togliere le salcicce, il buristo e il rigatino? Mi disturbi!
La mucca è pazza? Mi disturbi!
La fiorentina mi uccide? Mi disturbi!
Mi dici che salmone c’ha il mercurio? Mi disturbi!
Il pollo c’ha gli ormoni? Mi disturbi!
Il vino bianco fa male? Mi disturbi!
Nella cioccolata c’è troppo burro di cacao, la pizza è bruciacchiata, lo zucchero è veleno? Mi disturbi!
Per favore, non voglio essere disturbato. Lo sono già di mio.
Prima o poi moriró. E anche te. Te lo giuro.

Mipiacisti

Mipiacisti: quelli che ti mettono like

Siamo tutti diventati mipiacisti.

È l’urgenza che abbiamo di ricordare agli altri della nostra permanenza in vita. “Guarda che esisto ancora!”. Come se agli altri importasse qualcosa.

Su Facebook c’è il mipiacista deferente, che mette “mi piace” sempre e solo al datore di lavoro o a un immediato superiore; il mipiacista complulsivo, che ogni volta che entra nel tuo profilo mette “mi piace” a tutte le tue 3000 nuove pubblicazioni intasandoti con le relative notifiche;

il mipiacista che non volevi incontrare, quello che si insinua con “mi piace” e commento in un post che avevi scritto per tutti meno che per lui;

il mipiacista minaccioso, quello che quando mette “mi piace” è per dirti: “occhio, che ti sto osservando”;

il mipiacista stalker, che ti segue come un incubo, qualsiasi cosa tu scriva;

il mipiacista asincrono, che voleva mettere “mi piace” al post che scrivesti due giorni fa ma siccome non lo ritrova, mette “mi piace” al primo dei tuoi post che gli capita;

il mipiacista autocompiacente, che mette “mi piace” solo ai propri post;

il mipiacista menzognero, che se mette “mi piace” vuol dire che non gli piace;

il mipiacista insonne, che mette “mi piace” dalle tre di notte in poi.

Poi ci sono io, che quando su Facebook metto “mi piace”, semplicemente vuol dire che mi piace.

zoocial

Zoocial network (10 animali social)

Lavorare nei “zoocial” è bestiale! Se Facebook fosse uno zoo sarebbe molto divertente abbinare ai comportamenti degli utenti, osservazioni etologiche da documentario di Superquark. E tu quanti animali conosci?

1) Il Canide: amico fedele che scodinzola mettendo “mi piace” ogni volta che posti qualcosa. Puoi scioglierlo contro i tuoi haters, verso i quali abbaierà fedelmente.
2) La Moschina Fastidiosa: noioso essere che ti devasta gli zebedei con inviti a giochini di merda.
3) Lo Sciacallo: questuante bulimico di like, ottenuti condividendo disgrazie tra le più disparate. E disperate. Meglio se capitate a bambini.
4) La Volpe: sa come gira il mondo e furbescamente fa il pieno di like a ogni post. Sa usare gli ‪#‎hashtagghe, soprattutto in politica.‬
5) Il Pavone: l’amico vanitoso che posta selfie con la bocca a culo di gallina.
6) Il Gufo: l’amico a conoscenza di tutte le teorie del complotto che ti toglie il sonno prevedendo e preannunciando catastrofi imminenti. Porta male.
7) Il Coccodrillo: piange pubblicamente quando muore qualcuno che magari non salutava neanche.
8) La Nana Berciona: ce l’ha con tutti e lo fa sapere a tutti.
9) Il Canguro: posta a raffica saltando di palo in frasca.
10) Il Verme: ti saluta sui social e ti ignora per la strada.

 

Ps. La foto è ripresa dalla campagna della compagnia telefonica ucraina Kyivstar, agency Leo Burnett.

nativo-digitale

Lettera aperta ad un nativo digitale

Caro fratello più piccolo,

c’è stato un tempo in cui le foto te le facevano gli altri. Un tempo in cui i numeri degli amici dovevi impararli a memoria. Un tempo in cui le cene si organizzavano anche alla zitta e il giorno dopo non lo sapevano tutti. Un tempo in cui i polemici se volevi li evitavi, bastava spostarsi. Un tempo in cui avevi solo 36 foto a disposizione e se erano venute bene, lo sapevi dopo due giorni. Un tempo in cui se un amico andava a stare a Milano non lo sentivi più. Un tempo in cui una quarantacinquenne non era una milf ma una “tardona”. Un tempo in cui Youporn era la pagina dei reggiseni del catalogo Postalmarket. Un tempo in cui la videochiamata era affacciarsi alla finestra. Un tempo in cui i calciatori giocavano solo a calcio. Un tempo in cui le notizie le sapevi per cena. Un tempo in cui i tuoi amici non erano mille. Un tempo in cui nessuno ti seguiva. Un tempo in cui, se ti perdevi, la strada dovevi trovarla chiedendo indicazioni agli altri. Un tempo in cui un gettone telefonico valeva 200 lire e 200 lire valevano quattro pacchetti di figurine. Un tempo in cui per sapere una cosa dovevi riempire un foglio di carta e aspettare i comodi del bibliotecario. Un tempo in cui le persone famose se lo meritavano. Un tempo in cui la Nonna non si filmava mentre faceva il sugo. Un tempo in cui tu non eri nato e io pensavo che il mondo avrebbe continuato a migliorare. Un tempo in cui avevo più certezze di quante non ne abbia ora. Un tempo in cui, quando scrivevo, mi ricordavo di essere mancino. Un tempo in cui la notte riuscivo a dormire bene.
Ti voglio bene, fratellino. Anzi, ti lovvo.

 

L’immagine è del pittore Joel Rea. Potete vedere altri suoi lavori qui.