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“Senza offesa” è un’offesa

Stasera stavo tornando a casa e ho incontrato due giovani che somigliavano ai due hippie di “Un sacco bello”, tutti e due coi rasta colorati. Lei fa a lui: “Scusa ma, perché quella mi ha detto, senza offesa?” e lui a lei: “Mah? Saranno stati i capelli!”

Ho provato a immaginare il tipo di incontro che avevano appena fatto, magari con una donnetta di ennemila anni dentro ad un fruttivendolo, o con una donnina con cane piccolo e cappello. E mi sono messo a ridere pensando che effettivamente, “senza offesa” è un’offesa. Senza dubbio.

Ho cercato di ricordarmi di tutte le volte che mi è capitato di sentirlo e proprio mai era per fare un complimento. Sì, ma senza offesa però.

Tipo quando ero in profumeria e alla nauseabonda studentessa in fila davanti a me che aveva appena comprato dei detersivi, la commessa mise nella borsa dei campioncini di profumo: “Senza offesa!”

Oppure quando al ristorante, il cameriere, guardandomi, mi mise sul tavolo un pezzo di dolce avanzato al compleanno accanto: “Lo mangi te, vero? Senza offesa!”

O quando alla giovane vedova che aveva noleggiato un tristissimo film d’amore, il ragazzo del Blockbuster regalò i pop corn: “se le fa piacere, senza offesa!”

Oppure di quella volta che l’allenatore mi spostò dall’attacco alla difesa, tanto io goal non lo facevo: “senza offesa, eh!”

O ogni volta che a un omino che sta ritto coi fili, qualcuno in tram dice: “Si metta a sedere qui, senza offesa!”

O anche quando all’amica che aveva rotto a metà il tappo di una bottiglia di Brunello, strappai di mano il cavatappi e dissi: “Faccio io… Senza offesa!”

O quando ero in gita a vedere i cunicoli della Napoli sotterranea e il buontempone che faceva da guida mi disse: “Guagliò è stretto! E’ meglio se ti metti ultimo, senza offesa!”

E io gli risposi: “Tu stiantassi! Senza offesa!”

guernica

Il foglio bianco, la tela bianca

In principio anche la Bibbia era un foglio bianco. In verità vi dico che anche il Vangelo era un foglio bianco prima che quei quattro si prendessero la briga di scriverci sopra. Erano un foglio bianco Pinocchio, la Divina Commedia, il Nome della Rosa e il Vernacoliere. Il foglio bianco è come la legge: è uguale per tutti. E come la legge, ognuno lo interpreta un po’ come gli pare. Il foglio bianco è la massima rappresentazione delle pari opportunità, della giustizia, dell’equità.
Lo spazio bianco, che sia un foglio, una tela o uno schermo di un computer, è l’infinità delle opportunità di scelta. E’ un incrocio con infinite strade possibili da percorrere. Scegliere una strada piuttosto che un’altra conduce inesorabilmente a destinazioni diverse e disparate. E può essere un viaggio straordinario oppure un disastro totale. Erano una tela ugualmente bianca la Primavera di Botticelli, la Monna Lisa, quello spazio su cui Pollock faceva gocciolare i suoi pennelli e tutte le tele in cui Fontana decise di infilare un coltello per vedere cosa ci fosse dietro. Ogni risultato è figlio di una scelta e ogni scelta è un’espressione di libertà. Comunque.
Ogni volta che ci troviamo di fronte ad un’opera dobbiamo ragionare su questo e magari ci verrà più difficile dire, davanti ad un Picasso qualunque: “Questo potevo farlo anche io”.

L’immagine è “Guernica”, la tela realizzata da Pablo Picasso nel 1937 e conservata nel Museo Reina Sofia di Madrid. Anche questa un tempo fu una tela bianca.

cicogna

25 titoli gratuiti (su richiesta del Ministro)

Diciamoci la verità, fare la pubblicità è un hobby come un altro. Mica vorrete pagarci per divertirci. Per questo ho deciso di regalare al Ministro della Salute 25 titoli alternativi (rigorosamente gratis) per una nuova campagna del #fertilityday. Propongo anche di segmentare il target per aumentare l’efficacia di questa importante campagna di sensibilizzazione. Nell’attesa di trovare un Ministro bravo, che faccia il suo lavoro bene e magari a titolo gratuito.

Titolo gratuito 1. “Più figli, meno pausa.” (sarebbe pertinente per chi si è dimenticato di rimettere l’orologio biologico)
Titolo gratuito 2. “Spread your legs” (sarebbe sessista e inutilmente anglofono ma piacerebbe a Mario Monti)
Titolo gratuito 3. “Io sono tuo padre!” (perfetto. Soprattutto se sei un fan di Guerre Stellari)
Titolo gratuito 4. “Basta un sì” (per quelli che la chiedono sempre senza successo. E per chi segue le indicazioni del Governo in materia referendaria)
Titolo gratuito 5. “L’ovulo di Pasqua” (per quelli che si accoppiano solo per le feste comandate)
Titolo gratuito 6. “Vengo anch’io!” (per i fans di Jannacci)
Titolo gratuito 7. “Riproduzione fedele” (per coinvolgere la nicchia dei venditori di film piratati. Ma solo quelli che portano rispetto al partner)
Titolo gratuito 8. “Vergine? No, gemelli!” (per gli amanti dell’oroscopo)
Titolo gratuito 9. “Cambia verso” (per quelli che non hanno ancora capito che con l’anal non si concepisce)
Titolo gratuito 10. “Mona lisa” (per signore venete che l’hanno usata troppo)
Titolo gratuito 11. “Il seme della Concordia” (questo no. A meno che tu non sia Schettino)
Titolo gratuito 12. “Ovulo sodo” (per gli appassionati dei film di Virzì e per i duri di comprendonio)
Titolo gratuito 13. “Un due tre…sperma!” (per coloro che adorano i giochi della nostra infanzia)
Titolo gratuito 14. “Le gocciole” (per i golosi di biscotti)
Titolo gratuito 15. “Mamma Maria” (per quelle che pensano di poter concepire restando immacolate e ascoltano i Ricchi e Poveri)
Titolo gratuito 16. “Ben venuti” (per persone educate e uomini zerbino)
Titolo gratuito 17. “Dai, pe’ du’ gocce…” (per chi non usa il preservativo e nemmeno l’ombrello)
Titolo gratuito 18. “E’ tardi! E’ tardi!” (per donne over 45 e per il Bianconiglio)
Titolo gratuito 19. “La principessa sul pisello” (per una gravidanza da favola)
Titolo gratuito 20. “Ho fatto sega” (per donatori di seme che marinavano la scuola)
Titolo gratuito 21. “La volta buona” (per gli ottimisti all’ennesimo tentativo)
Titolo gratuito 22. “Inconcepibile!” (per i pessimisti)
Titolo gratuito 23. “Ma Ratzinger come sta?” (per chi lo fa ogni morte di Papa)
Titolo gratuito 24. “Uccello del malaugurio” (per chi pensa che riprodursi abbia delle conseguenze nefaste)
Titolo gratuito 25. “Sono cazzi miei” (per persuadere chi è ancora convinto che i figli ognuno possa decidere di farli se e quando gli pare)

Scusate le volgarità eventuali.

L’immagine è un fotogramma del cortometraggio Pixar “Partly cloudy”

botero

15 scuse e falsi luoghi comuni sull’essere grassi

Convivo con un grasso da 41 anni e da lui ho capito che chi è molto sovrappeso tende a nascondersi (che tanto poi sei grasso e ti si sgama), dietro a scuse e falsità. Non ce ne vogliate, non è colpa nostra, siamo così di costituzione.

I grassi sono più simpatici – vero in parte. Enrico VIII ha fatto fuori tre mogli e anche Barbablù non era proprio un’acciuga.

Grasso è bello – Provate a fare un anno da Mac Donald’s e poi andate a chiederla a Belen, vediamo che cosa vi risponde.

Quel che non ammazza ingrassa – falso! A volte ingrassa anche ciò che ammazza, avete presente la Nutella, la Coca Cola e la cugina di Avetrana?

Non è tutto grasso che cola – falso. Pensate ad un pomeriggio d’estate, a pieno sole e voi che con i vostri 100 e passa chili, risalite come un salmone una bella stradina in salita, magari con una borsa della spesa in una mano e il guinzaglio del vostro labrador nell’altra. Poi ne riparliamo.

Ho le ossa grosse – Magari avete ragione, però non credo di aver mai visto in nessun museo scientifico scheletri con costole che pesavano tre chili l’una. Quella delle ossa, diciamocelo, è una scusa.

Sono così di costituzione – Vabbè, ne riparliamo dopo il referendum.

Per dimagrire bisogna bere tanto – Falsissimo. Ne ho le prove! Io bevo tantissimo!

Sono grasso perché ho appena smesso di fumare – Il problema è che questa è una scusa che accampa anche chi ha buttato via l’ultima sigaretta anche dieci anni fa. Non regge.

In famiglia siamo tutti grassi – Falso (a meno che tu non ti chiami Grassi di cognome). Ho visto bambini obesi con genitori che facevano la maratona di New York e ragazze magrissime figlie di madri che sembravano balenottere azzurre. Pensate alla famiglia Addams: Gomez e Morticia hanno due figli ma solo uno è ciccione. Ed è quello che mangia.

Eppure non mangio mica tanto – falsità clamorosa. Ti ho visto fare colazione con due bomboloni e mezzo litro di cioccolata calda, su…

Sono grasso perché sto attraversando un periodo di merda – scusa. Tutti i poveri disgraziati usciti dai campi di concentramento non è che avessero avuto un bel periodo…

Porco grasso non è mai contento (proverbio veneto) – non è vero. Portatelo a cena e gli vedrete brillare gli occhi.

Non si diventa grassi da Natale a Capodanno ma da Capodanno a Natale – vero ma in parte. Nei giorni che vanno da Santo Stefano a San Silvestro il grasso, che di solito preferisce il mangiare al digiuno, combatte con il proprio frigo nel tentativo di svuotarlo completamente da qualsiasi avanzo. Produce polpette mescolando carne bollita e pandori, panforti e pollo in galantina. Poi, dopo Capodanno, promette a se stesso diete che procrastinerà fino alla vigilia del Natale successivo. Ad libitum.

Non sono grasso, sono basso – di solito è una scusa, a meno che tu non sia il Pinguino di Batman o uno dei sette nani. In quel caso sei ANCHE basso.

Non sono grasso, ho preso una taglia sotto – falso. Un grasso prende sempre due taglie sopra, fino a che le trova. I vestiti elasticizzati e gli indumenti a righe (soprattutto orizzontali) sono i veri nemici dei grassi. E’ preferibile indossare un capo d’abbigliamento nero perché, dicono, il nero sfina. Evitare come la peste, per questo stesso motivo, i profilattici neri. A meno che tu non sia Rocco Siffredi.

Un grasso non è mai felice – falsissimo. Una volta ho conosciuto un napoletano che si chiamava Felice e sarà stato 150 chili!

Immagine di testata: Fernando Botero, Monna Lisa (1963)

re leone

Animalisti: perché dico che Disney non amava gli animali

Attenzione: post ad alto tasso di ironia. Astenersi perditempo, mullah della salvaguardia animale e animalisti o vegani ortodossi.

  • Nel Paese delle meraviglie i bruchi fumano come turchi, i gatti si calano gli acidi, i conigli sono paranoici, le lepri schizofreniche.
  • Il Grillo di Pinocchio prende n°2 scarpe in faccia.
  • Lo Zio Paperone oltre ad essere un taccagno, se ne sbatte dei suoi pulcini.
  • La Bestia de “La Bella e la Bestia” è incazzata come una bestia di essere una bestia.
  • Il fratello del Re Leone uccide il Re Leone, che non è un uomo ma un leone.
  • I dinosauri di “Dinosauri” muoiono. Tutti.
  • La tigre di Robin Hood è una merda. Il serpente non ne parliamo.
  • Crudelia Demon ha una pelliccia di cane. Non sintetica.
  • Red e Toby se le danno di santa ragione. E sono due cuccioli.
  • Lilli è una cocker che si fidanza e passa la vita con un bastardo.
  • Il Cacciatore va nel bosco e strappa il cuore a un povero cervo per salvare la vita a Biancaneve. Che poi cucina animali per i nani.
  • Topolino è focomelico: ha solo 4 dita. Contatele!
  • Pippo è un cane ed è ritardato. Pluto è il cane di un cane ritardato.
  • Qui, Quo, Qua sono orfani. Paperino pure.
  • Nonna Papera con le sue torte provoca l’obesità di Ciccio.
  • La mamma di Dumbo muore (male).
  • La mamma di Bambi muore (male). E il papà tiene pure le corna.
  • Il Principe Rospo viene baciato, ma per prudenza non con la lingua.
  • Bianca è una topa ma Bernie alla fine va in bianco. Fine.

Morale: se c’è una disgrazia o una sciagura, il buon Walt, preferisce che capiti a un animale piuttosto che a un essere umano.

L’immagine è un fotogramma de “Il Re Leone” prodotto dalla Disney nel 1994. Anche quella fu una brutta annata.

cito

Cicciottelli rispondete!

50 modi in cui vi consiglio di rispondere a chi vi dice “sei grasso”. Da usare a seconda delle situazioni. Sempre col sorriso in bocca. Senza masticare.

  • Non sono grasso, ho i vestiti infeltriti.
  • Non sono grasso, siete voi che siete magri.
  • Non sono grasso, me lo disse anche Pavarotti.
  • E’ perché ho il metabolismo basso, io sono grasso per non fargli venire i complessi.
  • Che ci vuoi fare? Mangio.
  • The winter is coming.
  • E ho il culo grosso per cacare gli stronzi come te.
  • Guarda il mio dito medio. Vedi grasso anche questo?
  • Grazie dell’informazione, non me ne ero accorto.
  • Non sono grasso, sono ricco di sostanze adipose.
  • La mia dietologa mi ha lasciato.
  • Mi vedi ingrassato? E ancora non è finita…
  • Ah sì? E io che aspettavo le doglie…
  • Ho le ossa grosse. Quelle delle bistecche…
  • Faccio la dieta del fantino. Ne mangio due al giorno.
  • Ho sbagliato a leggere le istruzioni della Philadelphia Light.
  • Purtroppo ero paribollo di Rotolone.
  • Mi hanno levato le tonsille da grande.
  • Giuro che non lo faccio più.
  • Ti sbagli, sei astigmatico.
  • Ho esagerato con il pranzo della comunione.
  • Che vuoi che sia, c’è di peggio. Tipo la peste, l’ebola.
  • Se me lo fai notare ancora ti rompo tutto.
  • Devo interpretare il Pinguino di Batman. Poi ritorno normale come Christian Bale. Giuro!
  • Tranquillo, passa.
  • Ma che mi rompi i coglioni?!!!!!!
  • Sono magro dentro.
  • Dopo due anni dalla nostra morte io e te peseremo uguale.
  • Secco fa rima con becco.
  • M’hai fatto venire fame.
  • Ma ti sei visto te, mostro?
  • Facevo il modello. Per Botero.
  • Ti avverto, sono intollerante ai cacacazzo.
  • Vuoi scommettere che tra un anno…
  • Una volta ho conosciuto uno che diceva a un altro che era grasso. Non l’ho più visto.
  • Sono stato a cena con Chuck Norris.
  • Grasso? Io?
  • Sì, e non so nemmeno tirare con l’arco.
  • Vedrai, m’hanno regalato dei vestiti larghi…
  • Faccio troppo sport, sono ingrossato.
  • Non so’ grasso, so’ gonfio! (cit.)
  • Sì, ora vogliamo parlare delle tue ascelle?
  • Io sto bene così! ma fammi riposare dieci minuti.
  • E se mi si blocca l’ascensore per un paio di settimane?
  • L’avevo capito da quando una tribù di cannibali ha iniziato a mandarmi gli auguri di compleanno.
  • Che ci vuoi fare, è la mia natura….
  • Sì, ma anche te sei pesante…
  • La ringrazio del suo interessamento nei confronti della mia salute ma ora mi scusi che ho una cena.
  • Mi hai fatto venire voglia di un pranzetto.
  • Sì lo so, sono grasso. Tu sai che tua madre fa delle gran scorpacciate di ghiande?
  • Foto di Giulio Storti

    dead

    Morire: prima di Facebook era “riposare in pace”

    Se ti succedeva di morire ed eri sconosciuto ti piangevano i parenti;
    se eri famosissimo c’era un servizio al telegiornale.
    Ma siccome ora anche lo sconosciuto c’ha mille amici,
    me lo dite a che servono i manifesti attaccati ai muri?
    Tanto la notizia di un trapasso ti arriva come un lampo
    mentre controlli gli accidenti che si mandano i tuoi amici.
    Un tempo capitava che se per una settimana non uscivi
    padellavi il manifesto e dopo qualche mese chiedevi:
    “Ma Tizio che fine ha fatto, è da tanto che ‘un lo vedo…”
    “Ma come ‘un lo sai del coccolone? Ormai ‘un puzza neanche più!”
    Prima, se eri una celebrità l’articolo te lo scrivevano
    avanti che tu morissi e si chiamava “coccodrillo”.
    Anche ora lo scrivono prima che tu muoia
    ma non si chiama più coccodrillo, si chiama “bufala”.
    Poi capita che muori per davvero e se hai fatto trecento canzoni,
    di cui duecentonovantanove capolavori,
    c’è quello che va a cercare la trecentesima
    nella versione fatta mentre tossivi,
    pur di postare qualcosa a cui gli altri non avevano pensato.
    E poi spunta sempre quel video inedito
    che se volevi che rimanesse inedito forse un motivo c’era.
    Perché diciamoci la verità,
    a noi di David Bowie,
    di Prince
    o di Moira Orfei,
    mica ce ne importa per davvero.
    Sennò si uscirebbe da Facebook
    e si andrebbe a trovarli al cimitero.
    Di portare rispetto ai morti che vuoi che ce ne freghi
    se i primi a cui non si porta rispetto sono proprio quelli vivi.
    A noi ci importa di fare bella figura,
    di essere apprezzati,
    di prendere un “mi piace”,
    di essere taggati.
    Dell’arte, del talento,
    degli affetti di chi ci sta male per davvero,
    lo sai che ce ne cale?
    Aspetta, aspetta, è morto un’altro;
    c’ho da postare!

    credere

    Perché è meglio non credere che uccidere in nome di Dio (secondo me)

    Perché a chi non crede non interessa a chi chiedi i favori la sera prima di dormire.
    Perché, al massimo, chi non crede prima di dormire un favore lo chiede a chi è a letto con lui. Mal di testa permettendo.
    Perché per uno che non crede, ammazzare uno che non crede al suo stesso Dio non avrebbe senso.
    Perché per uno che non crede, la domenica è un buon giorno per fare festa, esattamente come il lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato.
    Perché uno che non crede il Paradiso lo cerca prima di morire.
    Perché uno che non crede tende a tollerare di più, anche chi crede.
    Perché per uno che non crede il senso del dovere prevale sul senso di colpa.
    Perché uno che non crede, il perdono lo cerca dalle persone. E magari chiede anche scusa.
    Perché uno che non crede quando muore è morto.
    Perché se uno che non crede ha a che fare con un “infedele”, al massimo divorzia.
    Perché uno che non crede sa che trovare 70 vergini è proprio impossibile.
    Perché uno che non crede, a meno che non sia celiaco, può mangiare quello che vuole.
    Perché uno che non crede cerca di godere…ma se anche un altro gode, non è poi questo gran problema.
    Perché per uno che non crede, se un altro sceglie di morire, è perché ha fatto la sua scelta.
    Perché uno che non crede, ad un concerto non ci andrebbe mai con un kalashnikov. Semmai scavalcherebbe.
    Perché per uno che non crede, Dio, Allah e Buddha sono personaggi di libri.
    Perché per uno che non crede, quello che dice un libro l’ha detto l’autore del libro. E basta.
    Perché per uno che non crede, nessun Dio fa lo scrittore.

    L’immagine fa parte della campagna “Unhate”, realizzata nel 2011 da Fabrica per Benetton Group

    Boarderliners_Jee-Hwang

    Concittadini: piccolo vademecum per capire come ragionano (qualunque sia la tua città)

    Navigando tra i post dei tuoi concittadini è possibile definire alcuni atteggiamenti ricorrenti che possono essere categorizzati come personaggi di una commedia. Vediamo se manca qualcuno…

    Il Polemico dice NO a quasi tutto.
    L’Accomodante dice SI a quasi tutto.
    Il Critico dice NO ad alcune cose. Quelle che non vanno.
    L’Autorevole dice di SI ad alcune cose. Quelle giuste.
    Il Cacacazzo è un Critico che ripete la stessa cosa più volte.
    L’Autoritario dice NO alle idee degli altri e SI alle sue.
    L’Ipocrita dice SI ma pensa NO.
    Il Bastiancontrario dice NO anche se pensa SI.
    L’Opportunista dice SI o NO, in ordine sparso; basta che gli convenga.
    Il Lecchino dice SI, se quelli che contano dicono sì. E viceversa.
    Il Pettiere dice il contrario di quello che dicono quelli che contano.
    Il Succhiaruote dice quello che dice la maggioranza.
    L’Incontentabile è sempre con la minoranza. E spesso lo fa pesare.
    Lo Stronzo dice SI o NO, con una regola precisa: basta che sia sempre l’opposto di quello che pensi te.

    L’immagine si intitola “Boarderliners” ed è opera di Jee Hwang. Andate a vedere altri suoi capolavori qui.

    gogna

    Giornalismo, pettegolezzo e pubblico ludibrio

    Lo confesso, raramente compro un giornale di carta. Sono però un divoratore di articoli di giornale trovati in rete. Anche quello è giornalismo. Anzi, forse la maggiore possibilità di accedervi lo rende ancora più efficace di quello delle vecchie rotative.

    C’è qualcosa che tuttavia, negli ultimi anni mi disturba. L’incapacità di alcuni giornalisti di distinguere tra giornalismo, pettegolezzo e pubblico ludibrio. Il giornalista, per me è quello che lancia o approfondisce notizie, meglio se lasciando passare la propria visione. Un mio antico docente, editorialista del Corriere della Sera, diceva: “L’unico giornalismo imparziale è la classifica del campionato, perché anche le previsioni del tempo possono essere manipolate”. E questo è quello che ti fa preferire una penna ad un’altra; una linea editoriale ad una opposta.

    Poi c’è il pettegolezzo, che è della gente della strada e che è utile anche come forma di controllo sociale. “Sai, il tizio importuna le ragazze…la Tizia la dà a destra e manca…il Babbo di Caio non è il su’ babbo…”. Il pettegolezzo regola i rapporti e proprio per questo è necessario che il “becco” sia l’ultimo a saperlo. Per evitare che le corna finiscano in tragedia. Se il giornalismo diventa pettegolezzo si perde tutto questo e non si fa un servizio a nessuno.

    Infine c’è il pubblico ludibrio, quella che nei tempi antichi era la gogna. Le gogne sono giustamente conservate nei musei della tortura. Perché è di tortura che si tratta.

    Vedere un articolo dove, senza curarsi della portata, che con le ricondivisioni degli articoli sui social, ha assunto una forza pari a quella di un’onda che rovescia un transatlantico, mi fa pensare che ci sia una gran confusione tra giornalismo, pettegolezzo e pubblico ludibrio. Sputtanare una persona (specialmente se non famosa) su un giornale solo per il gusto di portare il vecchio pettegolezzo da bar sulla testata di un editore, è pubblico ludibrio. E’ tortura medievale. Chissà cosa ne pensano i miei amici giornalisti.