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Lo status quo (visto da qui)

Riflessioni da referendum. The day after.

E’ bellissimo criticare il potere non disponendone neanche di un briciolo. E’ anche facile, a dirla tutta. La nostra simpatia va spesso e volentieri a chi contro il potere si scaglia, a chi propone il cambiamento, a chi manda affanculo tutti, a chi piccona, a chi rottama. CI piacciono i rulli compressori, i martelli pneumatici, le bave alla bocca, i discorsi di pancia. Poi, puntualmente, siamo atterriti quando il cambiamento si palesa come possibile e modifica lo status quo. Anche se a proporlo è una delle Giovani Marmotte. Non ci fidiamo. Siamo convinti che dietro ci sia un disegno dei poteri forti, della Disney, della Pixar e di altre sette e gruppi di potere che ce lo vogliono calzare a pennello. Questo no, non possiamo proprio accettarlo. Ci piace sognare un mondo diverso ma lo vogliamo esattamente come ce lo siamo immaginati noi. Il cambiamento che vogliamo è il “nostro” cambiamento. Un cambiamento docile con le cose fatte come siamo sempre stati abituati a farle. Passatemi una metafora: è come se fossimo stufi del nostro salotto con le pareti gialline, si chiamasse un imbianchino con delle idee rivoluzionarie e gli consegnassimo nelle mani una pennellessa Cinghiale chiedendogli di cambiarci la stanza. Perché noi quella stanza la vogliamo diversa, Cristo! Lui ci propone una mazzetta di colori che va dal fucsia all’indaco e noi iniziamo a litigare con tutta la nostra famiglia, meglio se via facebook, ci insultiamo, ci scanniamo e poi diciamo alla Giovane Marmotta: “Ascolta Ciccio, rifalla giallina, vai!”. A quel punto la Giovane Marmotta si commuove, abbraccia la moglie, torna dal Gran Mogol e gli consegna la pennellessa dicendo: “Ora pensaci te”. E noi intanto, continuiamo a litigare tra noi sul perché il nostro salotto continua ad avere quelle pareti gialline di merda.

Visto da QUI, lo status QUO ti farebbe venire voglia di fuggire da QUA. Viva Paperopoli.