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La quinta dimensione di Siena

Le prime tre dimensioni sono quelle dello spazio, la quarta è quella del tempo. Ce le danno quando si nasce. E fino a qui siamo tutti uguali. L’ho imparato a scuola ma l’ho capito all’Università; mi ci è voluto un film per capirlo. Un film di circa 12 ore in tedesco con sottotitoli in inglese. Se non fosse stato per quella compagna di studi così bella seduta accanto a me, non credo che sarei arrivato ai titoli di coda. Il film si intitolava “Heimat” di Edgar Reitz e racconta la storia di una famiglia tedesca dal periodo del nazismo fino al 1968. Ora che siamo abituati alla lunghezza delle serie televisive magari qualcuno di voi potrà anche prendersi la briga di guardarselo. Merita.

Heimat in tedesco vuol dire più o meno “Madre patria”, anche se tradurre un vocabolo così significativo dal tedesco all’italiano non racconta tutte le sfumature culturali che nel passaggio tra le due lingue inevitabilmente sbiadiscono.

Quel film mi fece capire quanto ognuno di noi sia inesorabilmente e ineluttabilmente collocato nel tempo e nello spazio. Io sono nato a Siena e questo sarà per sempre il mio spazio, anche se un giorno, come il mio amico Dario, deciderò di andare a vivere in Danimarca o se, come il mio amico Leonardo, avrò la sorte di metter su famiglia a Montecarlo. Sono nato a Siena nel 1975 e oltre allo spazio questo è anche il mio tempo: vuol dire che oggi ho 42 anni. E il tempo non si tira indietro nemmeno se guidi una Deloren.

Ma l’essere nato a Siena ci regala anche una quinta dimensione che è quella della Contrada alla quale si appartiene. Sono nato a Siena, nel 1975 e sono dell’Aquila. Eccola lì la mia quinta dimensione che porterò con me fino alla fine. Questa i protagonisti di Heimat non ce l’avevano.

Incrociando queste cinque dimensioni, uno di Siena riesce a capire più o meno chi siete. Perché con l’altalenante destino legato alle sorti del Palio si riesce a stabilire fortune e sfortune paliesche di qualsiasi individuo. Che, nel corso del tempo, inevitabilmente mutano al mutare della banderuola che gira sopra la Torre del Mangia.

Una vecchia signora dall’accento brianzolo accanto al mio ombrellone, oggi mi ha chiesto del Palio. Le ho detto che a diciassette anni avevo visto vincere l’Aquila quattro volte. “Però, lei è fortunato!”.

Vagliela a spiegare la “quinta dimensione” a una che per tutta la vita ne ha avute soltanto quattro.